Nachruf
Riccardo Goruppi (1927–2021)
| 8. April 2021
Mit großer Trauer haben wir von Riccardo Goruppis Tod am 31. März 2021 erfahren. Riccardo war ein unermüdlicher Mahner gegen Hass und Nationalismus und hat sich für den Erhalt der Erinnerung eingesetzt, um seine Geschichte nachfolgenden Generationen zu erzählen und ein unermüdlicher Zeitzeuge der Verfolgung in der Zeit des Nationalsozialismus und des Faschismus zu sein.
Riccardo Goruppi wurde 1927 in Prosecco bei Triest geboren. Er gehörte der slowenischen Minderheit an – als Jugendlicher musste er zusehen, wie die italienischen Faschisten sie und ihre Kultur mit Gewalt unterdrückten. Als deutsche Truppen Italien im September 1943 besetzten, schloss er sich den Partisanen an. Während sich Riccardo im November 1944 nach einer Erkrankung bei seinen Eltern erholte, wurde er verraten. Zusammen mit seinem Vater Edoardo (Edvard?), der ihm helfen wollte, wurde Goruppi zunächst im Triester Coroneo-Gefängnis und ab Dezember 1944 im KZ Dachau inhaftiert. Von dort brachte die SS sie nach Leonberg, ein Außenlager des KZ Natzweiler. Unter katastrophalen Bedingungen wurden Vater und Sohn in der Rüstungsproduktion der Firma Messerschmitt eingesetzt. Entkräftet von schwerer Arbeit, Hunger, Folter und Krankheit starb sein Vater, Edoardo Goruppi, am 20. Februar 1945. Kurze Zeit später erkrankte Riccardo Goruppi an Typhus. Er verlor das Bewusstsein und kam erst wieder beim Transport in das Dachauer KZ-Außenlager Mühldorf zu sich. Von Mühldorf wurden die Gefangenen zehn Tage später nach Kaufering gebracht. Beim Vorrücken der Alliierten räumte die SS das Lager und pferchte die Häftlinge am 29. April in die offenen Waggons eines Güterzuges. Der Transport geriet bei Schwabhausen in einen Fliegerangriff. Riccardo Goruppi überlebte und wurde von US-Soldaten befreit. Nach vielen Monaten im Krankenhaus konnte Riccardo Goruppi in seine Heimat zurückkehren.
Erst in den 1980er Jahren begann Riccardo Goruppi öffentlich von der erlittenen Gewalt in den Konzentrationslagern zu erzählen. Vorher schaffte er es nicht, bekam sofort eine Blockade und konnte nicht weitersprechen. Dank aber der Unterstützung der neuen Generation von Historikern konnte er diese Blockade überwinden. Er war für die ANED (nationaler Verband der ehemaligen Deportierten) tätig, war ununterbrochen als Zeitzeuge in Schulen unterwegs, und gab selber Führungen in der KZ-Gedenkstätte Risiera di San Sabba in Triest.
Eine Abordnung der Referent/-innen der Gedenkstätte Dachau traf Herrn Goruppi am 2. November 2018 in Triest. Er empfing uns so freundlich, als wären wir langjährige Freunde gewesen und tatsächlich betrauern die Mitarbeiter/-innen der Gedenkstätte Riccardo Goruppi nicht nur als Zeitzeugen, sondern in ganz besonderem Maße als Freund. Sein Zeugnis ist für uns alle ein wertvolles Geschenk und es wird als Gedenkstätte Dachau unsere Aufgabe bleiben, sein Andenken zu pflegen und sein Zeugnis weiterzugeben. Seine verbindliche Persönlichkeit, sein liebenswürdiges und stets freundliches Auftreten gegenüber allen, egal ob Schüler/-innen oder Minister, schufen eine Verbindung zu jedem, den er traf. Seine menschliche Art, das Erlebte verständlich und bildlich zu schildern, beeindruckte mehr als jede Schautafel in unserem Museum oder jede noch so gut gefilmte Dokumentation.
Er erzählte uns seine Geschichte und wir wurden von seinen Schilderungen tief beeindruckt.
Er war eine wichtige Stimme für Frieden und Völkerverständigung. Mit seinem Tod fehlt uns eine Säule, und die Verbindungsbrücke, um die Probleme der Vergangenheit und der Gegenwart verstehen zu können.
Wir möchten Riccardo Goruppi mit den Worten gedenken, die er Schüler/-innen und Besuchergruppen immer wieder mitgegeben hat:
„Wenn wir Deportierten ein Viertel des Hasses entwickelt hätten, der uns entgegen geschlagen ist, wir wären Mörder geworden. Verzeihen ist etwas ganz anderes, deshalb gibt es jemanden über uns, der dies für uns tun wird. Ich aber muss mich dieser Aufgabe [von den Geschehnissen zu erzählen] stellen, ansonsten würde ich all die Toten verraten, die ich gesehen habe und ich habe viele gesehen! Dass es mir gelungen ist, nicht zu hassen, ist etwas wirklich ganz Großes, denn Hass erzeugt nur wieder Hass“.
Wir bedauern zutiefst diesen trotz des hohen Alters unerwarteten Todesfall, der uns alle in tiefe Trauer versetzt hat. Ein besonderer Mensch, voller Liebe und Respekt für seine Nächsten, ist uns genommen worden. Den Hinterbliebenen sprechen wir unser tief empfundenes Mitgefühl aus.
Il giorno 31 marzo 2021 si è spento a 94 anni il Sig. Riccardo Goruppi. Ammonitore instancabile contro l’odio e le conseguenze dei nazionalismi, si è a lungo impegnato per la salvaguardia della memoria e per trasmetterla alle nuove generazioni, quale infaticabile testimone della buia epoca del nazifascismo.
Riccardo Goruppi nasce a Prosecco, in provincia di Trieste, nel 1927. Apparteneva alla minoranza slovena e da adolescente subisce i soprusi e le violenze dei fascisti che vogliono sopprimere la loro cultura. Quando le truppe tedesche occupano l’Italia nel settembre 1943, lui si unisce ai partigiani. Nel novembre del 1944, mentre Riccardo si trova a casa dai suoi genitori in convalescenza, viene tradito. Arrestato insieme a suo padre Edoardo-Edvard, che voleva aiutarlo, Riccardo ed Edoardo e vengono imprigionati dapprima nel carcere Coroneo a Trieste e dal dicembre dello stesso anno nel campo di concentramento di Dachau. Da lì le SS li portano a Leonberg, un campo satellite del lager di Natzweiler. In condizioni catastrofiche vengono sfruttati per la produzione di armamenti della fabbrica Messerschmitt. Spossato dal duro lavoro, dalla fame, dalle torture e dalla malattia, il 20 febbraio 1945 suo padre, Edoardo Goruppi, muore. Poco dopo, Riccardo si ammala di tifo. Perde conoscenza e si riprende solo quando viene trasportato a Mühldorf, un campo satellite di Dachau. Da qui viene portato, dieci giorni dopo, a Kaufering. Quando gli alleati si avvicinano, il 29 aprile, le SS evacuano il campo e i prigionieri vengono stipati nei vagoni scoperti di un treno merci; il treno incappa in un bombardamento aereo vicino a Schwabhausen. Riccardo Goruppi sopravvive per miracolo e viene liberato dai soldati americani. Dopo molti mesi in ospedale, Riccardo Goruppi è potuto tornare in patria.
Solo negli anni ’80 Goruppi inizierà a parlare pubblicamente delle violenze subite nei campi di concentramento. Prima non ci riusciva, si bloccava immediatamente e non riusciva più a raccontare. Ma grazie al sostegno della nuova generazione di storici, è stato in grado di superare questo traumatico blocco. Impegnato per l’ANED di Trieste, farà testimonianza nelle scuole e da guida al monumento nazionale della Risiera di San Sabba.
Il 2 novembre del 2018 una nostra delegazione di guide del Memoriale di Dachau ha incontrato il Sig. Goruppi a Trieste, proprio alla Risiera di San Sabba. Siamo stati accolti da lui così cordialmente, come se fossimo stati amici da lungo tempo ed i collaboratori del Memoriale di Dachau lo piangono non solo come testimone, ma soprattutto come amico: come nostro amico e come uomo generoso, buono e umano. La sua personalità cortese, la sua presenza affabile e sempre gentile nei confronti di tutti, indipendentemente dal fatto che fossero studenti o ministri, hanno creato un rapporto con chiunque lui abbia incontrato. Il modo umano, con cui riusciva a descrivere il suo vissuto in maniera comprensibile e chiara, riusciva a colpire più di ogni tavola illustrativa presente nel nostro museo o di qualsiasi, per quanto ben fatto, documentario. Eravamo tutti assolutamente rapiti nell’ascoltare le vicende della sua vita.
Per il lavoro di formazione e sensibilizzazione del Memoriale di Dachau il Sig. Goruppi è stato un vero e proprio dono. La sua testimonianza è per noi tutti un bene prezioso e sarà nostro compito curare il suo ricordo e trasmettere la sua testimonianza. La sua è stata un’importante voce per la pace e la comprensione tra i popoli. Con la sua morte viene meno una colonna importante e il punto di riferimento per capire i problemi del passato e quelli del presente.
Ci piace ricordare Riccardo Goruppi con le parole con cui, nonostante tutto l’orrore vissuto, era solito concludere la sua testimonianza e salutare gruppi di studenti e visitatori:
“Se noi deportati avessimo acquisito un quarto di quell‘odio, saremmo diventati degli assassini. Il perdonare è un‘altra cosa; per questo c‘è qualcuno sopra di noi che deve farlo. Io però devo prendermi questo impegno, altrimenti tradirei tutti i morti che ho visto, e ne ho visti tanti! A essere riuscito a non odiare: questa è una cosa molto grande perché l‘odio porta solamente odio”.
Siamo profondamente addolorati per questo inaspettato lutto che ha colpito tutti noi, privandoci di una persona speciale, piena di amore e rispetto per il prossimo.
Partecipiamo sentitamente al dolore della Famiglia Goruppi.